Cennino Cennini

Ultima modifica 29 ottobre 2020

Di Cennino Cennini ci restano solo i brevissimi cenni autobiografici che si trovano sparsi nel "Libro dell'arte", la sua maggiore opera, e le scarne notizie riferite dal Vasari nella vita di Agnolo Gaddi e poco altro.

Dal complesso di questi dati ricaviamo che Cennini nacque a Colle Val d'Elsa in data non precisata. Qui avrebbe appreso i primi rudimenti dell'arte, studiando per un anno disegno, forse, sotto la guida del padre, anch'egli pittore, per poi passare a Firenze nella bottega di Agnolo Gaddi, dove rimase, come egli stesso racconta, per dodici anni, apprendendo la tecnica dei grotteschi.

Nel 1388 lo ritroviamo intento ad affrescare le storie di Santo Stefano nella chiesa di San Lucchese prossima a Poggibonsi.

Si trasferì più tardi a Padova, dove fu "pittore familiare del magnifico signore" Francesco da Carrara (unica data documentata della sua vita è il 1398 quando dimorava in contrada di S. Pietro).

Nella città veneta quasi certamente compose il "Libro dell'Arte", il più famoso trattato sulle tecniche artistiche che ci sia stato tramandato.
La fortuna di quest'opera, che probabilmente nacque nell'ambito di una delle potenti corporazioni che regolamentavano e tutelavano l'attività dei pittori (una delle tesi è che sia una sorta di testo di riferimento, se non un vero e proprio statuto, della fraglia dei pittori di Padova), risale soprattutto agli ultimi due secoli, nei quali è diventata una sorta di totem, di manifesto della pittura a partire da Giotto, il «gran maestro» che, secondo le parole del pittore di Colle di Val d'Elsa, «rimutò l'arte del dipignere di grecho in latino e ridusse al moderno».


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